sabato 7 settembre 2013

Ricordando Giuseppe Ganduscio a 50 anni dalla morte

Il 7 settembre ricorre il cinquantesimo anniversario della morte del pacifista riberese Giuseppe Ganduscio, le cui spoglie mortali riposano nel cimitero comunale di Ribera e al quale l'Auser di Ribera dedica ogni anno un concorso di poesia nazionale, che lanceremo per la sesta edizione, proprio nella stessa giornata.
Abbiamo portato  dei fiori  alle 10,30 sulla sua tomba ricordando il suo impegno in via  per la pace nel mondo.
 Propongo di seguito un articolo pubblicato a mia firma su “Momenti”, che sinteticamente traccia la figura e l’opera dell’illustre concittadino riberese.


 

Giuseppe Ganduscio, un riberese
ancora tutto da scoprire
di Totò Castelli


Come ho avuto modo di sottolineare nel corso della recente cerimonia di premiazione della quinta edizione del concorso nazionale di poesia “Giuseppe Ganduscio, una poesia per la pace”, promosso dall’associazione “Amici della  Terza età – Auser”, guidata da bruna Branchini Palminteri, il pacifista riberese Giuseppe Ganduscio è uno dei personaggi illustri della città di Ribera che bisogna conoscere ancora di più e meglio. Non solo per l’impegno che ha messo nel corso della sua giovane presenza sulla terra a favore della diffusione della “cultura per la pace”, accanto ad uomini del calibro di Aldo Capitini; non solo per quella sua grande passione per la musica e per quella sua splendida voce tenorile che lo ha portato ad essere soprannominato “Beethoven”; non solo per il suo impegno politico nella lotta per il riscatto del popolo riberese impegnato nell’occupazione di terre incolte e produttive per farle diventare fonte di ricchezza e di benessere per molti; non solo per quel suo amore per la ricerca dei canti popolari, alcuni dei quali magistralmente eseguiti dalla mitica Rosa Balistreri, alla quale, finalmente, anche nella “città delle arance”, perché no, grazie allo stimolo continuo da parte di chi scrive, nei confronti di chi, distratto dai problemi politici in passato non ne ha capito la portata  è stato assicurato un minimo di riconoscimento e di ricordo pubblico intestandole una via della città, come già fatto in passato, meritoriamente anche per Giuseppe Ganduscio; ma anche e soprattutto per quel suo vedere la cultura, alla maniera “gramsciana”, come lievito fondamentale per lo sviluppo armonico di una società, che, perdendo la bussola della cultura sforna ogni giorno mostri incredibili, violenze, sopraffazioni, guerre e con esse distruzioni e morti. Ganduscio a Ribera non è Francesco Crispi, al quale, per carità ognuno la può vedere come meglio crede, è stato dedicato un costoso monumento nel cuore di una città che Crispi mal sopporta, peraltro, malgrado sia passato alla storia anche come uno che “ha fatto sparare ai contadini siciliani” inermi. Ganduscio non ha mai sparato contro contadini inermi, tutt’altro, ha lavorato per il loro riscatto sociale e umano. Per questo un monito che da queste colonne voglio continuare a lanciare: si lavori, a livello amministrativo e politico, per far conoscere di più e meglio questo personaggio di cui l’Auser si è, meritoriamente accorta, qualche anno fa. La “città delle arance” renderebbe il giusto riconoscimento ad un uomo che tanto si è speso per il bene dell’umanità, e che ha lasciato musiche, libri, poesie, pensieri che meritano solo di essere promossi e portati all’attenzione soprattutto delle nuove generazioni perché prendano spunto per comportamenti positivi e forieri di benessere per l’umanità intera. 

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